Probabilmente se oggi in Italia esiste il Teatro in Carcere, il merito va a Rick Cluchey un ergastolano. Nel 1957 Rick rimase folgorato dalla messinscena di “Aspettando Godot” della San Francisco Actor’s Workshop all’interno del carcere californiano San Quentin.
Inoltre lo stesso testo di Beckett, tutto giocato sull’attesa, fu particolarmente azzeccato per un pubblico di detenuti.
Come infatti lo stesso Cluchey disse in un’intervista rilasciata al giornale “La Repubblica” il 4 novembre 1984, la vita del carcerato è un’eterna attesa. Consiste nell’ “aspettare la fine della pena, aspettare le visite dei parenti, aspettare il rancio o semplicemente aspettare dietro le sbarre”.
Lo spettacolo ebbe un impatto così forte sul giovane ergastolano, che pochi mesi dopo decise di fondare la compagnia teatrale “San Quentin Drama Workshop” coinvolgendo alcuni degli altri detenuti.
In Italia, tra la fine degli anni sessanta e l’inizio degli anni settanta si sviluppò un importante movimento giovanile di protesta, così come in altre parti d’Europa e negli Stati Uniti.
È proprio all’interno di tale fermento giovanile, che si è andato a sviluppare negli anni settanta un movimento carcerario che chiedeva misure alternative alla detenzione.
E quindi anche l’idea di un carcere che non sia solo detentivo, ma anche un modo per rieducare e reinserire nella società i detenuti.
In tal senso, fu la legge Gozzini del 1986 ad essere particolarmente importante, visto che il suo obiettivo era rendere il carcere meno segregante. Con la legge Gozzini si ha la convinzione che tutti i carcerati, anche quelli condannati alle pene più lunghe per i reati più odiosi, possono essere inseriti in un programma riabilitativo per tornare a far parte della comunità.
Rispetto al passato, lo stesso Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria collabora attivamente alla realizzazione di progetti teatrali all’interno delle carceri.
Negli ultimi anni il suo impegno si è indirizzato anche verso l’obiettivo di far uscire l’esperienza del Teatro in Carcere dalle mura penitenziarie, con l’avvio di collaborazioni con gli enti locali e culturali.